Il giorno 12 maggio scorso alcuni studenti delle classi quinte della sede di Schio hanno visitato la Casa Circondariale S. Pio X di Vicenza. L’iniziativa, organizzata dal Centro Sportivo Italiano, prende il nome di Carcere Lungo e consiste nel passare alcune ore entro le mura del carcere vicentino, per conoscere la condizione delle persone detenute attraverso sia testimonianze che un momento ricreativo condiviso, ossia una partita di calcio. Hanno partecipato la classe 5BM quasi al completo e le rappresentanze delle classi 5AM, 5CMa, 5DMa e 5CC, accompagnate dai professori Maculan, Marchetto, Napoli e Quinto.
La prima esperienza forte della giornata è stata quella di superare i cancelli d’ingresso: ognuno ha infatti dovuto consegnare telefoni, dispositivi elettronici, oggetti metallici o potenzialmente pericolosi, prima di passare sotto al metal detector. La polizia penitenziaria, rigorosa nei controlli, ha dato dimostrazione di ciò che significa applicare la legge senza ammettere eccezioni.
Le quinte della sede di Schio in visita al carcere S. Pio X di Vicenza
A quel punto gli studenti hanno raggiunto un salone, nel quale hanno potuto seguire gli interventi di un agente, un’educatrice e un’infermiera, per avere il quadro di quelle che sono le principali attività all’interno del carcere. Garantire la sicurezza è ovviamente uno dei compiti fondamentali dell’istituto, e a questo fine opera la polizia. Il carcere però non ha una natura solo punitiva, ma anche rieducativa: la persona detenuta dovrebbe essere messa nelle condizioni di fare un percorso di riflessione per elaborare il proprio passato e guardare al futuro in una nuova prospettiva. Ecco dunque perché gli operatori dell’area pedagogica sono così importanti: spetta ad essi proporre e condurre attività di promozione umana e sociale. Infine medici e infermieri dell’area sanitaria si impegnano per far fronte alle molte necessità riguardanti la salute di una comunità così numerosa (che varia a seconda dei periodi da 150 a 350 individui).
E’ stato dunque il momento dell’incontro con un detenuto, forse il più interessante per i ragazzi. Egli ha raccontato la sua storia di imprenditore, e le scelte attraverso le quali ha imboccato la via dell’illegalità: è stato infatti condannato per reati finanziari. Gli studenti hanno ascoltato con attenzione e posto domande sulla vita all’interno del carcere.
A seguire abbiamo visitato l’ufficio perquisizioni, nel quale vengono condotte le persone appena arrestate. Dopo il pranzo, che si è svolto all’interno della mensa degli agenti di polizia, un operatore del progetto “Il lembo del mantello” ha descritto le attività di reinserimento lavorativo proposte da questa associazione al fine di reintegrare gli ex detenuti in un tessuto economico e sociale di legalità.
Purtroppo le cattive condizioni climatiche dei giorni precedenti hanno reso impraticabile il campo da calcio: è stato dunque impossibile disputare la partita prevista, con grande rammarico da parte degli studenti che attendevano quell’appuntamento da tanto tempo. In effetti il contatto diretto con le persone detenute avviene proprio lì, sul campo da gioco, e durante il cosiddetto “terzo tempo”, ossia un momento di convivialità in cui, di fronte a un semplice rinfresco, chi vive in carcere può incontrare informalmente chi sta fuori, in un clima rilassato di rispetto e reciproca accoglienza.
La partita è stata comunque sostituita dalla visita ai mezzi della polizia penitenziaria, ossia i furgoncini per il trasporto in sicurezza dei detenuti, e dei locali per i colloqui con i familiari. I ragazzi hanno così avuto l’occasione di conoscere ambienti del carcere di solito non accessibili ai visitatori, completando il quadro tracciato con i precedenti interventi.
Si può dire che quest’esperienza è unica nel suo genere: non capita tutti i giorni di entrare in una casa circondariale. Ci si auspica attraverso queste iniziative che sempre più giovani riflettano sull’importanza della legalità, anche a tutela della propria libertà. Meglio pensarci due volte prima di commettere sciocchezze: questo il messaggio ribadito tante volte nel corso della giornata, che si spera possa aver attecchito anche in molti degli studenti del Garbin presenti all’iniziativa.